Dove sono, dove sto andando e dove voglio andare.
Per sapere dove andare è necessario sapere dove si è.
Mi capita spesso di attivare il navigatore dello smartphone per decidere dove andare, e implicitamente per capire esattamente dove mi trovo. Ciò accade anche se mi trovo in zone relativamente conosciute, ma per comodità, mi è più facile far pensare “l’aggeggio tecnologico”. Confrontandomi con le persone, capisco che è una abitudine sempre più diffusa; troviamo il mezzo, lo strumento che sembra ci faciliti la vita dicendoci all’istante dove ci troviamo, dove si trova il nostro fisico, e quale è la strada migliore per raggiungere la nostra meta.
Corpo, mente e spirito convivono in noi; interagiscono anche nelle capacità di contestualizzare la loro posizione nello spazio (corpo), nella vita fatta di cose pratiche (mente) e nell’esistenza (spirito). Così accade che perdere l’abitudine, l’abilità di collocarsi autonomamente nello spazio (senso di orientamento), per similitudine, può contribuire ad addormentare la nostra abilità di collocarci nella vita, intesa come esistenza e susseguirsi costante di avvenimenti. Indebolire la capacità di saperci collocare autonomamente nello spazio, può in qualche modo renderci meno abili nel fare il “punto nave” rispetto a noi stessi, al nostro riconoscimento interiore.
Il costante condizionamento esterno.
Esiste una bussola che non perde mai l’orientamento, grazie alla quale potremmo trovare facilmente la nostra centratura nelle vicende quotidiane. Spesso questa bussola è nascosta da strati di polvere, nozioni preconcette ed indotte, fino a diventarci apparentemente sconosciuta. Accade così che ci viene più facile prendere indicazioni dall’esterno, sia esso un navigatore, per muoverci fisicamente nello spazio, sia essa la società, per quanto riguarda l’esistenza fatta di rapporti e decisioni quotidiane. In questo modo rinunciamo alla nostra responsabilità: all’essere abili nel dare risposta agli avvenimenti della vita; delegandola all’esterno.
Quando “perdiamo la bussola” ci viene difficile scegliere il meglio per noi; siamo condizionabili. Entriamo così in un meccanismo che si auto alimenta: più siamo condizionabili, più ci facciamo condizionare e soffriamo.
Ho l’impressione che l’accelerazione tecnologica che negli ultimi decenni accompagna la nostra vita, contribuisca progressivamente ad indebolire la nostra capacità di ritrovare noi stessi, di essere auto responsabili, nel riconoscere i nostri bisogni più intimi e vitali, lasciandoci smarriti ed in balia di chi urla più forte, dei social e della comunicazione multimediale, sempre più spesso diretta alla nostra pancia in un crescendo di forti emozioni. La tecnologia, seppur utile, ci sta portando anche verso una realtà virtuale sempre più pervasiva, nei confronti della quale potremmo non essere adeguatamente allenati per saperla gestire al meglio. Ad esempio, a volte, mi capita di essere in grande difficoltà, bombardato da un flusso costante di informazioni contrastanti, nel trovare la giusta direzione da prendere, la decisione migliore per me. Si manifesta così una sensazione di inadeguatezza e smarrimento che inibisce la mia capacità di scelta e spalanca le porte a pesanti stati d’animo.
La bussola interiore.
Prendersi cura della nostra “bussola interiore” può essere la cosa migliore da fare. Dedicare tempo ed attenzione a noi stessi, riconoscendo le nostre emozioni, i nostri bisogni, allenandoci a ricontattare la nostra essenza, la nostra interiorità. E’ in questo spazio di silenzio che possiamo trovare le risposte più giuste per noi.
In questo contesto si collocano l’attività di COUNSELING INTEGRALE® (relazione di aiuto) e le pratiche energetiche come il RESPIRO CONSAPEVOLE INTEGRALE® o il BOM! (Breath On Move). Dinamiche che ci aiutano a far emergere i nostri bisogni più profondi e consolidare la nostra abilità nel ritrovare una personale strada verso una vita soddisfacente.